Il viaggio di una bottiglia dimenticata: Parte 1

Un tempo una bottiglia custodiva un vino pregiato, servito durante una cena speciale. La bottiglia di vetro, elegante e robusta, rifletteva la luce delle candele, e le sue curve lisce sembravano raccontare una storia di tradizione e maestria. Fu il cuore di brindisi carichi di emozione, il simbolo di momenti che resteranno nella memoria di chi era presente. Ma, come accade spesso, il suo momento di gloria finì troppo presto.

Dopo la cena, con il vino ormai finito, venne lasciata distrattamente su un tavolo. Da lì, il suo destino prese una piega triste e inattesa: gettata in un bidone della spazzatura, insieme a scarti e oggetti dimenticati, perse il suo valore agli occhi di chi l’aveva posseduta.

La discesa nell’oblio


In un camion dell’immondizia, stipata tra sacchi di plastica e rifiuti organici, iniziò il suo viaggio verso l'ignoto. Durante il tragitto, fu compressa e schiacciata. Un sacco pesante si abbatté sul suo collo, causandole una prima scheggiatura. Era un danno piccolo, quasi invisibile, ma sufficiente per farle capire che qualcosa era cambiato.

Raggiunta la discarica, la bottiglia si trovò sommersa da una massa caotica di rifiuti. In mezzo a plastica, metalli e carta, il vetro, con la sua resistenza, sembrava fuori posto. Immobile, trascorse giorni, settimane, forse mesi in quell’oceano di rifiuti. Il sole la colpiva durante il giorno, il freddo la avvolgeva di notte, e la polvere si depositava su di lei, opacizzandone la trasparenza.

Ogni tanto, un grosso macchinario si avvicinava, muovendo cumuli di immondizia. La bottiglia sperava, invano, di essere raccolta per il riciclo, per tornare a nuova vita. Ma non accadde. In quel luogo dimenticato, il tempo sembrava non passare mai.

 

La fuga attraverso la natura


Poi, un giorno, una pioggia torrenziale portò il cambiamento. L’acqua, scorrendo lungo il terreno, formò un piccolo fiumiciattolo che trascinò via la bottiglia dalla discarica. Era libera, o almeno così sembrava, ma il suo viaggio era tutt’altro che semplice.

Trasportata dalla corrente, la bottiglia colpì rocce appuntite, urtò tronchi e venne spinta contro gli argini. Ogni impatto lasciava segni sulla sua superficie, frantumandone i bordi e scheggiandola ulteriormente. Da oggetto raffinato, si stava trasformando in un frammento grezzo e consumato.

Il torrente si fece fiume, e il fiume infine la condusse al mare. Lì, la bottiglia si lasciò trasportare dalle onde, perdendo il senso del tempo. Per giorni, galleggiò in balia delle correnti, circondata da pezzi di plastica e alghe. Sembrava non ci fosse più speranza, solo un’infinita deriva.

Il silenzio della spiaggia


Dopo un lungo viaggio, le onde la spinsero finalmente su una spiaggia di Viareggio. Era una giornata calma, con pochi turisti che passeggiavano sulla riva. La bottiglia si trovò arenata tra alghe secche e conchiglie rotte, in un angolo semi-nascosto.

Le persone passavano accanto senza notarla. Per loro era solo un altro rifiuto lasciato dal mare. Ma per la bottiglia, quello era un momento di riflessione: una volta simbolo di eleganza e convivialità, ora era ridotta a un frammento scheggiato, consumato dal viaggio.

Ogni onda che lambiva la sua superficie sembrava sussurrarle storie del mare, come a ricordarle che il suo viaggio non era finito. Nonostante i graffi e le scheggiature, il vetro conservava una qualità unica: non perde mai la sua essenza. Anche quando spezzato, porta in sé la possibilità di rinascere.

Adagiata sulla spiaggia, sotto un cielo che alternava nuvole e sole, la bottiglia attendeva. Ogni granello di sabbia che si depositava su di lei sembrava un segno del tempo, un testimone del suo passato e un muto richiamo al futuro. Forse qualcuno l’avrebbe raccolta.

Forse il suo viaggio non era ancora finito...

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